Progetto concluso.
La Fondazione ha finanziato insieme ad Interplast Italy la missione in Uganda
del Chirurgo Plastico Dott. Daniele Gandini, organizzatore e coordinatore del progetto, coadiuvato dalla strumentista Valentina Lancellotti del Reparto del Prof. Franco Mosca.
Di seguito riportiamo l’articolo riportato sul “Sant’Anna News” del gennaio 2009 che il Dr. Gandini scrisse quale resoconto della missione.
Donne sfigurate, bambini malati. Uganda: un chirurgo plastico racconta
Da “Sant’Anna News” – Gennaio 2009
Daniele Gandini
Specialista in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva Chirurgia Plastica
Senior surgeon Interplast Italy
Tutte le volte che qualcuno mi chiede qual è la cosa più bella e gratificante che ho fatto nella vita rispondo senza esitazione “le missioni chirurgiche umanitarie nel mondo”. Ho dedicato gran parte della mia vita a questo; non sono (ancora…) sposato e quindi ho avuto la possibilità di dedicare abbastanza tempo a questo impegno. Purtroppo la vita di chirurgo plastico ospedaliero lascia ben poco tempo a disposizione, ma utilizzando il periodo di ferie che l’ospedale ci lascia (circa 4 settimane l’anno) è possibile trovare il tempo per almeno una missione all’anno di circa venti giorni, oltre al lungo periodo organizzativo. Questa mia meravigliosa esperienza iniziò nell’ inverno del 1995 quando il carissimo Professor Paolo Santoni Rugiu, primario della Chirurgia Plastica di Pisa fino al 1981 (io arrivai in ospedale solo nel 1989), mi chiese se volevo andare con lui in Zambia (ex Rhodesia) in Africa del sud, ad operare bambini malformati ed ustionati. Accettai l’invito con entusiasmo e così iniziò un lungo programma di missioni (alla fine ne ho fatte sette) di circa un mese ciascuna, presso lo Zambian Italian Hospital for Handicapped Children di Lusaka. L’ultima missione in Zambia la facemmo nel 2004, quando Paolo Santoni (da tutti riconosciuto come uno dei padri fondatori della chirurgia plastica italiana e conosciuto e stimato da tutti i più grandi chirurghi plastici del mondo) decise di proseguire la sua attività prima in Iraq (durante il conflitto americano) e dopo in Cambogia, con l’associazione Emergency, per operare le vittime della guerra. Io decisi invece di proseguire le mie missioni chirurgiche umanitarie con l’associazione di volontariato medico Interplast Italy (www.interplastitaly.it) di cui faccio parte, e scelsi di lavorare in altre zone del mondo; infatti andai per tre volte in Tibet ad operare i bambini malformati (nel 2004 a Shigatse, nel 2005 a Lhasa e nel 2006 a Yushu). Nell’estate del 2008, a causa di difficoltà ad ottenere i permessi per ritornare in Tibet (dove purtroppo c’è sempre una elevatissima necessità di aiuti umanitari sanitari, soprattutto tra le popolazioni nomadi), ho deciso di tornare ancora ad aiutare l’Africa, e questa volta in Uganda. Il piccolo e bellissimo paese dell’Africa equatoriale, ex protettorato britannico dal 1896 ed indipendente dal 1962 ed attualmente in fase di lenta ripresa economica è stato in passato oppresso per molti anni da violente dittature: fino al 1971 da parte di Milton Obote e successivamente da quella di Idi Amin fino al ’79. Quest’ultima è stata sicuramente la peggiore per l’Uganda; le cronache riferiscono infatti in quel periodo, di almeno 100.000 persone vittime delle oppressioni politiche e degli scontri tra fazioni. Uno spaccato della storia di questo violento e sanguinario dittatore è molto ben raccontata in un film con Forest Whitaker che si intitola “l’ultimo re di Scozia”, tratto dal racconto del medico personale di Amin, e tra l’altro girato in gran parte nell’ospedale di Kampala dove abbiamo lavorato. Al momento la situazione politica del Paese è decisamente più tranquilla, e l’attuale presidente sembrerebbe abbastanza moderato, anche se come spesso accade tra i politici africani, pare non badi a spese sfarzose ed inutili, a scapito della povertà del paese. Un giorno mentre ci recavamo al lavoro in ospedale abbiamo incontrato per strada il presidente che rientrava a casa; ebbene, il “corteo” presidenziale era formato da quaranta (!) macchine, di cui almeno venti della polizia, cinque o sei camionette zeppe di soldati e… quattro autoambulanze, tutte al suo seguito… per far passare il “corteo”. Noi venimmo letteralmente buttati fuori strada dalle auto che lo precedevano, lanciate ad una velocità pazzesca. In Uganda, nonostante gli ospedali (almeno a Kampala) funzionino meglio che nel resto dell’Africa, c’è comunque una grande necessità di aiuti sanitari specialistici, ed in particolare di interventi ricostruttivi. Tutto il paese dispone infatti di… un solo chirurgo plastico, il dottor Edris Kalanzi Wamala, che è stato in ospedale con me a Pisa per cinque anni, dove si è specializzato, per poi tornare a lavorare nel suo paese d’origine. La missione del 2008, da me organizzata, si è perciò avvalsa della preziosa collaborazione locale del collega ugandese che ha provveduto alla selezione dei pazienti e ad operarli insieme a noi durante la missione. La spedizione ugandese, iniziata la scorsa estate a fine giugno, si è svolta prevalentemente a Kampala, la capitale, con partenza da Milano, scalo ad Amsterdam in Olanda ed infine arrivo all’aereoporto ugandese di Entebbe dopo nove ore di volo. Oltre a me, il team “Uganda 2008” era formato da Daniele Bollero, chirurgo plastico di Torino, da Beate Kuppers, anestesista tedesca che lavora a Pisa, Annamaria Ghirardini, anestesista a Modena, da Franco Garofalo, primario pediatra a Biella, Valentina Lancellotti, infermiera strumentista della Chirurgia Generale di Cisanello diretta dal Prof Franco Mosca, Massimiliano Canta infermiere caposala e Loredana Silivestro, strumentista, entrambi di Torino, ed infine da Carlo Orsi, fotografo milanese, che aveva già in passato prodotto una stupenda pubblicazione fotografica sul Tibet, con donazione dei ricavi interamente a favore della nostra Interplast Italy. (Io sorrido, tu sorridi, di Carlo Orsi e Renata Prevost, Valentina Edizioni, per Interplast Italy, 2005) La missione, della durata di tre settimane si è svolta in parte al Mulago Hospital di Kampala, sulle sponde dell’enorme lago Vittoria, ed in parte nel piccolo ospedale missionario di Nkokonjeru, a soli trenta chilometri dalle “mitiche sorgenti” del fiume Nilo, che siamo andati a vedere nell’unica domenica di riposo della missione; là il Nilo nasce come emissario del grande lago, per poi raggiungere l’Egitto ed il Mediterraneo dopo seimilaquattrocento chilometri. Il Mulago Hospital, mastodontico ospedale statale fondato dagli inglesi, fu inaugurato il 16 ottobre del 1962 dalla duchessa di Kent (tre giorni prima della mia nascita). Il Mulago è definito un “Teaching Hospital”, cioè universitario; è infatti sede della più famosa università di medicina d’Africa, la Makerere University, ma come purtroppo spesso accade in Africa, ci sono pochissime attrezzature, farmaci e materiali e spesso mancano anche le lenzuola ed i letti stessi… ed i corridoi sono pieni di gente sdraiata per terra. Al Mulago Hospital abbiamo eseguito 53 interventi di Chirurgia Plastica Ricostruttiva, perlopiù esiti di gravi ustioni con elevata prevalenza di ustioni da acido. In Uganda vi è infatti, come in alcuni paesi dell’ Asia (Bangladesh e altri) la tremenda usanza di punire giovani donne (raramente anche gli uomini) colpevoli di comportamenti a detta loro “non consoni con la morale”, con il lancio sul loro viso di acido altamente corrosivo. Questo, quando non provoca la morte, lascia esiti drammatici, con profonde cicatrici deturpanti e retraenti, e spesso è causa di cecità permanente. Spesso le donne, quando vengono “punite” hanno in braccio i loro bambini e anch’essi vengono perciò gravemente ustionati. Il governo locale sta tentando di promuovere soprattutto negli ospedali campagne di informazione ed istruzione col tentativo di rimuovere dalla gente questi tremendi retaggi tribali, ma temo che la strada sia ancora molto lunga e difficile, soprattutto nelle comunità rurali delle foreste. A molti pazienti vittime di questa scellerata usanza abbiamo cercato di ricostruire parti del volto, riaprire le palpebre e rilasciare bocche, colli ed arti retratti. Nella seconda settimana di missione ci siamo poi trasferiti presso il Nkokonjeru Hospital, un piccolo e poverissimo ospedale missionario a sole due ore dalla capitale Kampala ma letteralmente già in mezzo alla foresta. Il piccolo Nkokonjeru Hospital fa parte di una vecchia missione fondata da religiosi Irlandesi della comunità di St. Francis circa cento anni fa. È l’unica struttura sanitaria di un distretto molto vasto di villaggi sparsi nella foresta (il distretto di Mukono) ma è assolutamente privo delle minime attrezzature di base; in ospedale c’è un giovane chirurgo generale molto bravo, ma che deve fare tutto (parti cesarei, traum e urgenze varie spesso gravi) senza nemmeno l’apparecchio per coagulare i vasi, sanguigni, che vengono legati a mano uno ad uno come da noi all’inizio del secolo. Per l’anestesia poi, viene ancora usato un apparecchio ad etere, da noi in disuso circa dagli anni quaranta-cinquanta. Lì anche il nostro team Interplast ha lavorato in condizioni estremamente disagiate, senza ossigeno in sala operatoria (c’era solo un piccolo apparecchio che “concentrava” l’ossigeno dall’aria…) e spesso mancava la luce; forti piogge, insolite in quella stagione, hanno infatti più di una volta interrotto la luce elettrica costringendoci ad operare con luci di fortuna a batterie solari. Per dare un’idea del luogo, una sera abbiamo trovato nella nostra casa vicino all’ospedale, dentro la camera da letto di uno di noi, un serpente molto velenoso lungo circa due metri, molto raro, per il quale, in caso di morso non ci sarebbe stato a disposizione nessun siero antiveleno. In ogni caso, a parte questi disagi e rischi (possibili da quelle parti), la missione si è svolta senza problemi, con grande partecipazione ed entusiasmo di tutto il gruppo e con una grande collaborazione e sostegno da parte dei sanitari locali sia medici che infermieri. Il totale dei pazienti operati in Uganda è stato infine di 71 casi, perlopiù bambini. Oltre all’elevato numero di ustioni da acido, in Uganda abbiamo operato poi molte ustioni da fuoco e tante malformazioni congenite di ogni tipo come la labiopalatoschisi (labbro leporino), malformazioni delle mani e degli organi genitali. L’incidenza di queste gravi malformazioni congenite è più o meno simile in tutto il mondo, ma in quei poveri paesi si concentrano al massimo, sia per l’alta natalità e la “promiscuità” genetica all’interno di tribù-famiglie, sia per il fatto che solo pochi pazienti vengono operati dalle rare missioni umanitarie (perlopiù inglesi e olandesi) che vanno lì; basti pensare che ad esempio sull’altipiano tibetano in Cina nel 2006 ho operato in dieci giorni lo stesso numero di labiopalatoschisi (labbri leporini) che un reparto italiano di chirurgia plastica come quello di Pisa fa in due anni. Per il trasporto dall’Italia all’Uganda dell’ingente quantitativo di materiale donato ad Interplast da molte ditte del settore e non, e necessario per operare, si è fatta carico gratuitamente la ditta Ceva Logistics con sede a Milano, che ci ha portato ben 50 contenitori (una tonnellata di materiali) dall’Italia, direttamente al Mulago Hospital di Kampala. Questi aiuti che riceviamo spesso da parte di persone che operano in settori a volte molto lontani da quello sanitario mi provocano sempre un senso di grandissima gratitudine e vera ammirazione, essendo frutto di sincera e disinteressata voglia di aiutare con i propri mezzi, chi ha avuto la sfortuna di nascere in paesi molto più poveri della nostra ricca e benestante Italia. Le equipe di Interplast infatti devono sempre portarsi dietro tutto il necessario per operare (materiale sanitario, ferri chirurgici, farmaci, monitors, apparecchi anestesia, coagulatori, ecc..). Tutto il materiale sanitario di consumo che non viene utilizzato in missione (a parte gli apparecchi e gli strumenti che vengono sempre riportati indietro) viene poi lasciato in donazione agli ospedali visitati. Alla fine della nostra missione il gruppo di Interplast è stato ricevuto dall’ Ambasciatore Italiano in Uganda Pietro Ballero, che ci ha ringraziato per il lavoro svolto in quel paese. Anche le autorità locali hanno espresso la loro soddisfazione per questa nuova collaborazione tra Italia ed Uganda, ed hanno scritto un articolo in merito sull’unico quotidiano esistente nel paese, il “The New Vision”. Come già abbiamo fatto in passato per lo Zambia prima e per il Tibet dopo, spero che in futuro ci sa la possibilità di ripetere l’esperienza Ugandese per poter dare ancora una volta una continuità al nostro lavoro; le missioni chirurgiche umanitarie non devono essere infatti delle azioni isolate ma devono sempre essere parte di progetti ben più ampi. Oltre ad andare ad operare più pazienti possibili, è però sempre molto importante collaborare con i medici locali, e nei limiti del tempo a disposizione, insegnare loro le più recenti tecniche operatorie, per renderli quanto prima autosufficienti. In Zambia ci siamo riusciti, in Tibet abbiamo cercato di insegnare tanto ed anche in Uganda, oltre ad operare tante persone, siamo riusciti a dare piena autonomia all’unico chirurgo plastico del paese, e queste penso che siano le soddisfazioni più grandi che possa avere un chirurgo che fa volontariato nei paesi del terzo mondo.
Fondazione Arpa e Interplast in prima linea. Le missioni chirurgiche umanitarie del Dr. Daniele Gandini (articolo web 2011)Le missioni chirurgiche umanitarie vengono svolte sotto l’egida di Interplast Italy, una associazione di volontariato a cui aderiscono chirurghi plastici che vengono inviati in paesi del terzo mondo ove sia richiesta la loro opera per trattare chirurgicamente casi di malformazioni, esiti di ustione ed altre patologie di loro pertinenza, portandosi dall’Italia tutte le attrezzature, strumenti chirurgici, farmaci, materiali di consumo, elettrobisturi, monitor ed apparecchi per anestesia. L’ingente quantitativo di materiale che queste missioni richiedono viene di volta in volta acquistato grazie a donazioni che giungono ad Interplast Italy da privati cittadini, enti locali, e club di servizi italiani.
Questa associazione, nata e tuttora presente negli Stati Uniti, esiste anche in Germania, Francia ed Olanda, oltre che da noi. Interplast Italy è nata a Bologna nel 1988, ed a Pisa ha avuto fin dal 1995 suoi attivi membri Paolo Santoni Rugiu, già primario della Chirurgia Plastica dell’Ospedale S. Chiara e da Daniele Gandini, che lavora presso la Divisione di Chirurgia Plastica dell’ Azienda Ospedaliera Pisana all’ospedale di Cisanello.
Prima di iniziare ad operare, i chirurghi, coadiuvati dal pediatra e da un anestesista, devono visitare uno ad uno i piccoli pazienti, valutarne lo stato di salute, il tipo di patologia, schedarli ed inserirli nel programma operatorio.
Fin dal 1995, grazie ad una iniziativa del Prof. Paolo Santoni Rugiu, Gandini ha già partecipato ad otto spedizioni di chirurgia umanitaria in Zambia (Africa Centrale) della durata di un mese ciascuna, per operare bambini con esiti di ustioni e malformazioni congenite. Gandini, ha poi dallo scorso anno iniziato ad utilizzare le proprie ferie di dipendente ospedaliero, per prestare la propria opera di chirurgo plastico volontario, in Tibet , con una prima missione di un mese a Shigatze, piccola città del sud ovest del paese, dove furono operati circa 130 bambini ed adulti portatori di malformazioni congenite e cicatrici da ustione.