Il cervello è in grado di rigenerarsi anche in età adulta: la conferma arriva da uno studio congiunto – finanziato anche da Fondazione Arpa – da parte delle Università di Pisa, L’Aquila, Glasgow e dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli.
Il Progetto Neurogenesi si focalizza sulla rigenerazione del cervello, ovvero su quella grande capacità che è la “neuroplasticità”. Questo processo è in grado di dare origine a nuove cellule nervose in alcune aree del cervello (come l’Ippocampo, che gioca una funziona importante per la memoria e gli aspetti emotivi ad essa connessi) e studi scientifici recenti eseguiti da diversi gruppi internazionali hanno confermato l’importanza di questo processo.
“Il cervello – commenta il Prof. Marco Scarselli, Associato di Farmacologia all’Università di Pisa e primo autore di questa rivisitazione della letteratura – solo all’apparenza è una struttura statica. In realtà le evidenze che abbiamo raccolto dimostrano come sia in grado di rigenerarsi, anche fino all’età adulta”. Un meccanismo, questo, che diventa fondamentale in caso di traumi, perché può consentire di riprendere parte delle funzioni perse.
Gli studi scientifici condotti hanno avuto modo di evidenziare come sia farmaci antidepressivi, sia l’attività fisica ed il sonno ristoratore, giochino un ruolo di prim’ordine nello stimolare la neurogenesi e la sinaptogenesi.
L’attività fisica fa bene al cervello perché aumenta la formazione di nuovi neuroni e quindi presenta una potenziale attività antidepressiva da aggiungere al trattamento farmacologico inducendo un effetto additivo sinergico. Non meno importante è il ruolo giocato da un buon sonno, che sembra importante nel produrre nuove cellule nervose. Tutto questo apre alla possibilità di utilizzare queste “terapie” nella pratica clinica, per poter migliorare alcune condizioni psichiatriche, come la depressione.
“Esistono altri trattamenti farmacologici e non – prosegue Scarselli – capaci di stimolare la neurogenesi. Pensiamo per esempio ai farmaci stabilizzanti dell’umore, come i sali di litio, i quali hanno la capacità di far aumentare il numero di cellule nervose a livello dell’Ippocampo. Questo è particolarmente importante perché potrebbe offrire il meccanismo d’azione non solo per il trattamento della depressione, ma anche del disturbo bipolare”. Per quanto concerne invece ulteriori trattamenti non farmacologici, si segnalano la psicoterapia, la meditazione, certi tipi di dieta ed anche attività intellettuali importanti.
Questo lavoro ha rappresentato un riassunto della letteratura attualmente esistente: un punto di partenza che oggi offre prospettive ulteriori ed inedite per il miglioramento di alcune condizioni patologiche. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Current Neuropharmacology”.