Antonio Bosso, atleta della Nazionale Italiana di Parkour. Nato nel 1995 a Massa di Somma…
Nato nel 1995 a Massa di Somma (Napoli), pratica questo sport da undici anni e oggi è uno dei professionisti più riconosciuti a livello italiano. Al punto che, a gennaio 2020, arriva la chiamata da parte della Nazionale.
Rilevante anche il suo impegno lavorativo e sociale, che lo vede ogni giorno all’opera a Barra – uno dei quartieri più complessi di Napoli – dentro la cooperativa Il tappeto di Iqbal. Una storia di rivalsa e rinascita, la sua, dopo che un’infanzia non semplice ed una delicata operazione al cervello rischiavano di anestetizzare la capacità di sognare. Oggi Antonio è riuscito ad affrancarsi da una realtà che sovente si sostituisce allo Stato, insidiandosi nei contesti più fragili, ed ha anche recuperato una perfetta forma fisica. Un percorso come un messaggio di speranza, da passare ai più giovani.
“La chiamata da parte della Nazionale – dichiara – mi ha colto di sorpresa. Non me l’aspettavo davvero e mi ha fatto molto piacere: è il risultato di tanta passione, dedizione e sacrifici. Il Parkour è stato riconosciuto da poco come uno sport professionistico ed oggi attira molti ragazzi. è stato un peccato dover saltare i mondiali previsti a Hiroshima, a causa del periodo che stiamo vivendo. Ora il prossimo obiettivo è il campionato individuale a Rimini, che dovrebbe tenersi a dicembre. Mi auguro di poter continuare così, a dare il massimo. Poi mi piacerebbe trasmettere la mia esperienza ai più giovani”.
Oltre a quelli dello sport, ci sono i valori che vengono trasmessi quotidianamente. “Dentro Il tappeto di Iqbal – spiega Bosso – lavoriamo con i minori utilizzando metodologie alternative per farli sentire coinvolti, partecipi. Come dice sempre il mio presidente Giovanni Savino, una persona che ha sempre creduto in me e mi ha sempre sostenuto, cerchiamo di creare uomini migliori di noi. La cooperativa propone arte, teatro, attività circensi, parkour, musica: una serie di elementi che i ragazzi avvertono come particolarmente importanti. Loro vengono perché sono felici, inconsapevoli che tutto questo li tiene lontani da una presunta normalità, quella di un quartiere dove il rispetto delle regole rischia spesso di diventare un accessorio. Dove le scorciatoie e le tentazioni offerte da chi colma i vuoti lasciati dallo Stato sono all’ordine del giorno. Tenerli lontano dalla strada facendoli divertire, aiutandoli a conoscere le loro inclinazioni e a trovare la loro via, è per noi una grande vittoria”. Attraverso l’ASD Ronin, di cui Antonio è Presidente, si svolge tutto il segmento dei servizi sportivi di cui si occupa la cooperativa.
“Oggi, certo, arriva una responsabilità in più: “Essere un testimonial Arpa è incredibile. è la prima volta che ricopro questo ruolo e devo dire che si tratta di un onore. Quello che la Fondazione fa per sostenere i soggetti più svantaggiati, aiutando intere generazioni a formarsi, è davvero encomiabile. Io, con la mia storia e la mia testimonianza, spero di poter contribuire a trasmettere un messaggio positivo”.
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